Risponde lo psicologo – A casa e a scuola
Un bambino che ha comportamenti molto diversi a casa e a scuola… con conseguenti problemi di relazione con maestre e compagni. Che fare? Il parere di Manuela Arenella, psicologa e psicoterapeuta, consulente anche del sito www.bimbiarimini.it
DOMANDA
Il mio bambino di 5 anni è molto vivace e ha un carattere forte, quindi spesso ci sfida a casa: risponde e magari si rifiuta di fare le cose che gli vengono chieste. Ma parlandogli io e il papà riusciamo a farci ascoltare.
Il problema è a scuola. Quando viene provocato o qualche volta senza motivo mette le mani addosso agli altri bambini (spinte e schiaffetti), però quando è al parco oppure con gli altri amichetti fuori dalla scuola non lo fa.
Le maestre ci hanno chiamato più di una volta per parlarci ma sinceramente non sappiamo come fare. Quando sta con noi e vediamo che fa qualcosa di sbagliato gli spieghiamo che non si fa e il perché, ma a scuola non ci siamo.
Abbiamo cominciato a dirgli tutte le mattine che a scuola ci sono delle regole che vanno rispettate, ma non sappiamo se basta.
Che altro possiamo fare? Alcuni genitori hanno cominciato a lamentarsi dalla preside, quindi ho paura che vogliano spostarlo. Ma è giusto fare cosi? Ha ormai suoi amichetti e gli piace andare a scuola…
RISPONDE LA DOTTORESSA MANUELA ARENELLA
A volte capita che la famiglia e la scuola descrivano lo stesso bambino in modo così diverso da sorprenderci. Come mai?
È molto importante che si crei un rapporto di fiducia e di alleanza tra le due istituzioni educative, affinché si possano integrare gli aspetti che un bambino mette in gioco nell’una e non nell’altra, in modo da farci un’idea il più possibile globale del suo carattere e del suo comportamento.
Talvolta un bambino a casa cerca di inibire la propria componente aggressiva per timore di perdere l’amore e l’approvazione dei genitori, ma poi la mette in gioco in altri contesti, che vive come “valvole di sfogo”.
In vostra assenza, anche in contesti esterni alla scuola, come si comporta?
A 5 anni, per aiutare un bambino nel suo percorso di sviluppo psicologico, è necessario facilitare il processo di mentalizzazione, permettere al bambino di indirizzare le energie pulsionali verso la mente, piuttosto che lasciarle sul corpo.
L’aggressività deve poter essere espressa con le parole, piuttosto che agita. È importante trasmettere che ci si può arrabbiare, ma non si può picchiare, né distruggere le cose.
Per incanalare le suddette pulsioni e aiutare il bambino a gestirle, è necessario lavorare sulle autonomie e sulle regole.
Per lavorare sulle autonomie è necessario aiutare il bambino a fare da solo (dormire da solo, mangiare, vestirsi, ecc…) ed evitare di condividere aspetti eccessivamente corporei (come il dormire insieme, lavarsi insieme, ecc…).
In contemporanea è necessario stabilire un sistema di regole, che siano chiare, costanti e coerenti. È la fermezza, più che discorsi eccessivamente lunghi, che contengono effettivamente la pulsionalità.
La scuola, allo stesso modo, dovrebbe essere un ambiente contenitivo, coerente, che argina con fermezza questo tipo di comportamenti.
Se la proposta della scuola è quella di cambiare sezione al bambino, allora o la problematica è seria, oppure la scuola fatica nel suo compito di contenimento.
In ogni caso è necessario che vi mettiate a tavolino e che cerchiate delle strategie e modalità comuni per aiutare il vostro bambino a contenere questa aggressività.
Da ciò che scrive ho la sensazione che voi famiglia siate un po’ “scettici”, o comunque critici, rispetto a ciò che dice la scuola, e questo già inficia il clima di fiducia e coerenza, che è di per sé contenitivo.
Probabilmente al vostro bambino non bastano le “spiegazioni”, ma forse ci sarebbe bisogno di un segnale più chiaro e forte, anche rispetto al suo comportamento a scuola.
Sarebbe importante attivare una preoccupazione autentica rispetto alle difficoltà che vi segnala la scuola, poiché questo vi porterebbe a cercare obiettivi e soluzioni condivise, tenendo sempre in primo piano il bene del bambino.
Parlate con la scuola, ascoltando e accogliendo il problema, confrontatevi con le insegnanti su possibili strategie di intervento. Ma ricordatevi che i riferimenti principali siete voi genitori, e a volte può essere necessario far seguire alle parole dei fatti, quando le parole non bastano a contenere la suddetta pulsionalità.
Forse sarebbe importante ribadire al vostro bimbo che, se le maestre vi raccontano ancora che picchia o cose simili, allora ci saranno determinate conseguenze (dal non si guarda la tv, al non si gioca al tal gioco, ecc…: valutate voi!).
Il bambino deve sentirvi alleati e coerenti con la scuola nel ribadire quali sono i comportamenti opportuni, e cosa invece non si può fare, perché ciò lo aiuterà a gestire la pulsionalità e gli permetterà di instaurare con gli altri una relazione positiva.
MANUELA ARENELLA, psicologa psicoterapeuta, specializzata in psicoterapia dell’infanzia e dell’adolescenza a Bologna, già da alcuni anni tiene corsi di formazione per educatori di asili nido e personale docente, ma anche per genitori, in varie località della Romagna e a San Marino.
Svolge attività libero-professionale presso proprio studio a Bellaria (via Conti 37) e a Bologna. Ha rapporti di collaborazione consolidati con i Servizi Educativi di San Marino e con il Centro per le Famiglie di Rimini, organizzando serate a tema su diverse tematiche, in particolare sui bisogni dei bambini, le relazioni interfamiliari e il valore delle regole, e collabora, oltre che con www.noinonni.it, anche con il sito www.bimbiarimini.it.