Risponde lo psicologo – Mi manca la nonna
Il difficile momento in cui bisogna prendere coscienza della morte di una persona cara, attraverso gli occhi di un bambino che non si dà pace per la scomparsa della nonna. I consigli della psicologa Manuela Arenella, per affrontare questo tema così delicato e renderlo “a misura di bambino”.
DOMANDA
Meno di un mese fa e morta mia mamma e mio figlio di quasi sei anni ha vissuto tutto il percorso della malattia fino alla fine… Lui ha vissuto sempre con la nonna, e lei giocava sempre con lui.
Quando ha iniziato a stare male e la accompagnavo agli accertamenti e alle visite mediche, portavo con noi il bambino, non avendo a chi lasciarlo. Lo stesso quando era in ospedale e poi in lungodegenza, e in fine a casa dove si è spenta…
Ora ogni giorno mi dice che gli manca la nonna, mi chiede se lo vede e ricorda momenti passati con lei. Non piange, non lo ha mai fatto: solo i primi giorni dopo la sua scomparsa faceva capricci per un nonnulla e poi piangeva.
A me fa male parlargli di lei e quando lui mi dice che gli manca non so cosa rispondere perché sono anch’io estremamente addolorata.
RISPONDE LA DOTTORESSA MANUELA ARENELLA
Gentile Signora, la morte è un argomento difficile e delicato, per certi versi inspiegabile, sia per un bambino che per se stessi, poiché non la si può capire.
Resta un enigma per tutti, sia laici sia credenti, e alla domanda “perché si muore?” non c’è una vera risposta, se non che la morte è l’altra faccia della vita: come diceva la psicanalista Françoise Dolto, “si muore perché si vive e si vive perché si muore”.
Nessuno riesce a “pensare” la morte: il bambino perché , essendo immerso nella sua magica onnipotenza, rifiuta l’idea; l’adulto perché mette in atto lo stesso rifiuto a un livello più inconscio.
Ma anche se a livello profondo rifiutiamo l’idea della morte, non possiamo evitare la sofferenza che genera la morte di un nostro caro. In questo caso è importante riflettere su come noi adulti viviamo questa sofferenza, per poter contenere poi quella dei bambini
Neanche la morte è traumatica se accanto al bambino c’è un genitore capace di sostenere l’angoscia, di restituire non un senso di catastrofe insostenibile ma una sofferenza lecita, legata a un evento del tutto naturale, che segue il normale corso della vita.
Questo non significa non piangere o tenere nascoste delle cose.
Oggi c’è la tendenza ad iperproteggere il bambino, impedendogli di vivere tutte le esperienze di sofferenza, di perdita, di dolore, che pure costituiscono l’altra faccia della vita. Negarle significa rendere i bambini più fragili, privarli degli strumenti cognitivi ed emotivi che si conquistano e si affinano man mano che si affrontano le diverse esperienze.
Nel suo caso, il suo bambino ha potuto vivere le diverse fasi della malattia, in qualche modo elaborando gradualmente l’esperienza, che non è rimasta un tabù, per cui è possibile fare domande e tentare di aprire finestre di dialogo.
Un tempo era normale per i bambini avere i nonni in casa e assistere al progredire di una malattia, e alla conseguente morte, come a qualcosa di naturale. I bambini osservavano come si muoveva il contesto intorno al defunto, a sostegno dei familiari; imparavano che era giusto e normale piangere per la perdita di qualcuno, e che il funerale era il modo per salutare il nostro caro, potendo godere del conforto di una comunità che si stringe attorno a noi nei momenti di bisogno.
Il suo bambino sembra, attraverso le sue domande, voler aiutare se stesso e la sua mamma ad elaborare un dolore che al momento sembra insopportabile.
Manifesta il bisogno di CONTINUARE A CONDIVIDERE: per impossibilità degli adulti, è stato costretto a esperienze e situazioni faticose (visite, ospedali, ecc…); ora credo abbia il diritto di chiedere aiuto e condivisione per elaborare l’esperienza, per dare una risposta alle mille domande che affollano la mente dei bambini.
Quando fa una domanda, chiedete a lui cosa immagina: i bambini, spesso, chiedono conferma a qualcosa che immaginano già, su cui hanno già elaborato ipotesi ed è importante partire dalla loro visione.
Con enorme delicatezza e rispetto, dovreste cercare di parlargli del fatto che è un momento difficile, che è molto faticoso immaginare che passerà, che ci si sente tristi, soli, ma la tristezza passa quando la si condivide.
Rassicurarlo sul fatto che la nonna sarà sempre con lui, nel suo cuore, che il loro rapporto speciale sarà una ricchezza che nessuno può portargli via.
Trovate le vostre parole, l’importante è che il suo bambino senta che si può parlare di questo dolore, si può condividere, quindi affrontare e superare. Può anche ammettere la sua fatica, il fatto che anche la mamma è triste, che le manca molto la nonna; la tristezza però è proporzionale all’amore e alla mancanza che si sente, ma piano piano passerà
A prescindere dalla religiosità e laicità, credo sia importante, tanto più quanto più il bambino è piccolo, collocare idealmente la persona morta in un luogo in cui il bambino possa immaginarla (ad esempio in cielo, mentre fa le cose che più amava fare quando era viva), e restituire sempre una continuità, per cui quella persona la portiamo sempre con noi, nel nostro cuore, e possiamo anche scegliere di parlarle, di dirle delle cose, pur sapendo che non ci potrà rispondere.
Alla fine, quello che il bambino coglie nelle nostre parole, qualsiasi cose gli diciamo in momenti dolorosi come un lutto familiare, non è tanto il loro significato, quanto il tono emotivo: è importante usare parole che non neghino la speranza, che consolino, senza mai negare la realtà.
È importante trasmettere al bambino che, anche se la morte è una realtà inevitabile per tutti , è un evento che si può elaborare e tollerare, senza cadere nel buio della disperazione.
Se per lei in questo momento è troppo faticoso parlare di sua madre, forse potrebbe rendersi disponibile il papà, anche se credo che il suo bimbo voglia condividere con lei, perché questo, in qualche modo, la “costringe” a pensare al suo dolore, ad affrontarlo e a reagire… per lui.
Di fronte ad un avvenimento simile è possibile che poi il bambino faccia domande rsulla sua morte o su quella dei genitori. In questo caso è importante ribadire che è una cosa che succederà, ma collocandola in un tempo molto, molto lontano, quando lui sarà diventato grande, avrà avuto i suoi figli, ecc….
Il tema della morte è comunque vasto e complesso, mi auguro di aver dato indicazioni abbastanza esaurienti e resto disponibile ad ulteriori approfondimenti.
MANUELA ARENELLA, psicologa psicoterapeuta, specializzata in psicoterapia dell’infanzia e dell’adolescenza a Bologna, già da alcuni anni tiene corsi di formazione per educatori di asili nido e personale docente, ma anche per genitori, in varie località della Romagna e a San Marino.
Svolge attività libero-professionale presso proprio studio a Bellaria (via Conti 37) e a Bologna. Ha rapporti di collaborazione consolidati con i Servizi Educativi di San Marino e con il Centro per le Famiglie di Rimini, organizzando serate a tema su diverse tematiche, in particolare sui bisogni dei bambini, le relazioni interfamiliari e il valore delle regole.