Sfogliando un album di fotografie

album-fotografie-famiglia-nonniA me capita, ma non penso di essere la sola. Sfogliare il vecchio album delle fotografie di famiglia mi fa venire un groppo in gola. E no, non è la nostalgia per il tempo passato – almeno, non solo quello. È anche l’acuta consapevolezza dei tanti errori che ho fatto, di quante cose oggi, con una maturità diversa e tanti anni in più sulle spalle, farei in modo diverso. Ed è anche la paura, a tratti straziante, che i miei errori si siano ripercossi sulle mie figlie, sul loro atteggiamento nei confronti della vita, sul loro modo di affrontare i problemi.

No, non che loro ci diano alcuna ragione per preoccuparci: sono due ragazze solari, positive, allegre, capaci di vedere sempre il “bicchiere mezzo pieno”, di affrontare gli inciampi con lo spirito giusto, dotate di un grande senso pratico, apprezzate nel loro lavoro. Però ora, ripensandoci, mi assale la paura di essere stata, per esempio, troppo severa, di aver preteso troppo negli studi, di averle spedite a cuor leggero di qua e di là (kinderheim fin dalla prima elementare, vacanze studio all’estero appena è stato possibile) convinta che se la sarebbero comunque cavata (com’è stato), anche per far fronte a quel buco nero che, per le donne che lavorano, sono le vacanze scolastiche estive. Per non parlare della sequela di baby sitter spesso improvvisate a cui venivano affidate, quando si presentavano (piuttosto spesso, ahimè!) emergenze e imprevisti vari.

Certo, si cresce anche così. E certo, ripensandoci, questo è anche il segno di quanto io e mio marito fossimo giovani. Tanto giovani che non ci è mai passato per la testa il pensiero “non si può”, “non ce la facciamo”, “rimandiamo”, “rinunciamo”… Neanche quando, trasferitici a Mosca subito dopo il crollo dell’Urss, abbiamo spedito le figlie (9 e 6 anni) alla scuola russa, senza che sapessero neanche una parola della lingua. Una grande fatica, ma anche, oggettivamente, una bella opportunità per loro, che così hanno imparato una lingua difficile che conservano ancora oggi. Ma ora, lo rifarei? Magari no, magari avrei paura di metterle davanti a un ostacolo troppo alto per loro. Ma  forse è per questo che i figli si fanno da giovani, e che il ruolo di nonni e genitori è diverso.

Tutto bene, quindi? Alla fin fine, a fare un bilancio, non male. Eppure ora, riguardando quelle foto, mi viene un groppo alla gola. Mi chiedo che cosa mi sono persa, se potevo fare diversamente, se potevo rinunciare a qualcosa per prendermi il tempo di godermele di più, di vederle crescere giorno per giorno. Se sarei potuta essere la “mamma che fa le torte”, che forse avrebbero voluto o di cui magari avrebbero avuto bisogno, invece della “mamma che corre al lavoro, che solo la sera ha il tempo di leggere le favole”; la mamma “che controlla i compiti e che trascina ai musei” (e che si innervosisce quando non riesce a fare tutto quello che aveva programmato); insomma, quella che invece hanno avuto. O se forse, con più tempo e più calma, sarei potuta essere entrambe. E comunque, mi chiedo quanto questo mio modo di essere mamma (e, naturalmente, il modo di mio marito di essere papà) le abbia plasmate, forzando forse certi tratti del carattere o facendo sì che non sviluppassero certe potenzialità. Dubbi ormai sterili certo…

Magari però è così per tutti i genitori, quelli di ieri ma anche quelli di oggi. E ognuno di noi, alla fin fine, cresce con i figli, vivendo con loro giorno per giorno, lottando per e con loro, affrontando i problemi e inventandosi soluzioni personali. E insomma, forse la nostra vita e quella dei nostri figli si impastano insieme, tanto che oggi mi chiedo fino a che punto le mie ragazze abbiano plasmato me, rendendomi quella che sono oggi, proprio come io ho plasmato loro.

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