Essere anziani: età o condizione?

Quand’è che gli anziani cominciano a sentirsi anziani? E quand’è che i “giovani adulti”, la generazione tra i 25 e i 35 anni, cominciano a considerarli tali? E poi, che aspettative hanno gli anziani su se stessi? E quali sono le aspettative degli altri verso di loro?
Sono solo alcune delle tante, complesse domande a cui tenta di dare una risposta la ricerca “Un ritratto dei nuovi senior: generazioni a confronto” condotta dall’Associazione Osservatorio Senior (www.osservatoriosenior.it) e dal Laboratorio TRAIL dell’Università Cattolica.

Domande complesse, dicevamo, e a cui è difficile dare una risposta univoca. Sì, perché la nostra generazione, quella dei “senior”, che abbraccia nella ricerca almeno tre fasce di età – 55-65, 65-75 e oltre 75 anni – è estremamente variegata e presenta molti volti diversi.

La ricerca

La ricerca è molto ampia e abbraccia tanti diversi aspetti, ma si impernia in particolare su due punti fondamentali:

  • la percezione dei senior da parte di tre fasce d’età: se stessi (55-75 anni), i giovani tra i 25 e i 35 anni e le persone di oltre 80 anni;
  • le motivazioni e le aspettative delle persone che stanno uscendo dal mondo del lavoro.

Quando si comincia a essere anziani?

Prima di tutto, un dato su cui riflettere: noi anziani siamo molti. Per dare un po’ di cifre, in Italia nel gennaio del 2016 le persone con più di 55 anni erano 21 milioni (14 milioni quelle comprese tra i 55 e i 74 anni), ben un milione e mezzo in più di chi ha tra i 25 e i 35 anni.

Ebbene, il primo risultato della ricerca è che noi senior non ci sentiamo anziani: alla domanda “Quando ci si sente e si è considerati anziani?”, posta a persone nella fascia d’età tra i 65 i 74 anni, ben il 43,9% degli uomini e il 37,6% delle donne dichiara di non sentirsi per nulla anziano. E se sommiamo questi dati a quelli della seconda possibile risposta, “un po’”, scelta dal 40,7% degli uomini e dal 33,7% delle donne, il risultato è chiarissimo e forse sorprendente: ben l’83,9% degli uomini e il 71,3% delle donne hanno delle difficoltà a porsi nella categoria degli “anziani”.

Ma allora, quand’è che si comincia a sentirsi anziani? Qui la risposta è più sfumata e chiama in ballo diversi fattori (andare in pensione, avere problemi fisici, diventare vedovo…), ma solo per una minoranza degli interpellati è legata all’età anagrafica.
E neanche diventare nonni fa sentire anziani, a conferma di quanto noi nonni già intuivamo: la figura dei nonni non è più associata all’idea dell’invecchiamento. Anzi!

Per tirare le fila, il quadro che emerge dalla ricerca è che sono due i fattori che fanno sì che ci si senta anziani: da una lato la perdita progettualità e l’incapacità di continuare a “sognare” la propria vita; dall’altro l’impoverimento della propria rete sociale e familiare (per esempio per un lutto, per un trasferimento…).

Gli anziani perno della famiglia

Gli anziani, quindi, anche se hanno smesso la loro vita lavorativa non “si ritirano”, ma anzi continuano a progettare la propria vita in modo attivo e vario. In particolare, quello che emerge dalle risposte date alle domande della ricerca è che sono proprio loro, in molti casi, a essere il “perno” della famiglia, con il compito di supplire alle carenze del welfare. Sono loro a occuparsi spesso dei nipoti, a supportare i figli non ancora indipendenti dal punto di vista economico, ma anche a occuparsi dei loro stessi genitori, ormai ultraottantenni e magari con problemi di autosufficienza.

E le altre generazioni?

Come vengono visti gli anziani dalle generazioni più giovani? Ebbene, la percezione che ne hanno coincide con quella che i senior hanno di se stessi: non anziani, ma attivi, in salute e un punto di riferimento importante in famiglia.

Siamo considerati da loro una “generazione fortunata”, quella che ha vissuto un lungo periodo di pace – almeno in Occidente – e ha goduto di un periodo di benessere economico.
E siamo una generazione fortunata anche agli occhi dei più anziani, le persone di più di 80 anni, proprio perché sono cadute certe barriere, psicologiche e sociali, che facevano sentire “vecchio” chi raggiungeva la soglia dei 55-60 anni, e quindi noi senior oggi abbiamo la possibilità di “reinventarci” la vita come loro forse non hanno potuto fare.

Unico neo, a sorpresa, quello lavorativo: sul lavoro, una parte delle persone tra i 25-35 anni tende a vedere nei senior che continuano a lavorare non dei mentori, ma dei “rivali” con cui hanno un rapporto di conflittualità, in quanto pensano che possano ostacolarli nel loro percorsi lavorativo.
Una percezione del tutto diversa da quella che i senior hanno di se stessi: infatti loro /noi ci vediamo come dei mentori dei giovani e pensiamo di poter dare tanto, di poter trasmettere esperienza e competenze.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *