Come aiutare lo sviluppo del linguaggio dei bambini

Lo sviluppo del linguaggio di un bambino è un processo naturale e graduale, ed è affascinate poterlo seguire con gli occhi di noi nonni e constatare ancora una volta con quale rapidità i bambini passano dalla lallazione alle prime frasi.
Ma, per quanto naturale sia, anche nell’acquisizione del linguaggio gli adulti che seguono la crescita di un bimbo hanno un ruolo fondamentale e delicatissimo, per il quale non servono lauree e studio, ma ci vuole… tanto amore.

I primi mesi

Ma iniziamo dal principio. Fin da quand’è nella pancia della mamma il neonato comincia a sentire i suoni e i rumori che lo circondano; e fin da quando nasce comunica con il vagito e il pianto, per richiedere attenzione o segnalare qualcosa che lo disturba.
Nei primissimi mesi il bambino non capisce esattamente le parole degli adulti che lo circondano, ma percepisce perfettamente l’intonazione della voce e sente se in questa voce c’è amore o distacco. Ed è all’intonazione che il bambino reagisce molto presto con il sorriso o col il pianto, ma anche con le espressioni del viso.

I vocalizzi

Già dopo pochi mesi il bimbo comincia con i vocalizzi, con i quali emette dei suoni ripetuti: ma-ma-ma, pa-pa-pa… Sono suoni innati e non appresi: infatti li emettono anche i bambini che hanno dei problemi di udito, e che magari, più avanti, non potranno pronunciare parole perché non le hanno mai ascoltate. Questo non significa però che il neonato che vocalizza non comprenda ancora le parole: studi recenti hanno dimostrato infatti che i bambini cominciano a comprendere le parole molto prima di quando inizino effettivamente a pronunciarle. E le prime parole arrivano più o meno tra i 10 mesi e l’anno (ma dipende dai bambini: alcuni sono più precoci, altri più “pigri”).

Dalle prime parole alle frasi

Intorno all’anno, comunque, più o meno tutti i bambini cominciano a pronunciare le prime parole, che sono i nomi degli oggetti. In questa fase, per lui una parola equivale a una frase: dire “acqua”, per esempio, sarà il suo modo di chiedere acqua (“vorrei un po’ d’acqua”), “bua” significa che si è fatto male…
Pochi mesi ancora, e compare un linguaggio piuttosto schematico, ma già più complesso (ed efficace, soprattutto per chi sta vicino al bambino), fatto di due o tre parole: “mano bua”, per esempio, vorrà dire che si è fatto male alla mano… E già in questa fase (ma anche dopo) il bambino è estremamente “creativo” e elabora parole che ci fanno sorridere, ma che rivelano che in lui è in atto una vera “riflessione linguistica” molto elaborata; pensate per esempio a un bambino che dice “bevere”, “inventando” un infinito, ma in realtà applicando una regola grammaticale (se da “leggo” viene “leggere”, da “bevo” dovrebbe venire, correttamente, “bevere”… peccato che sia irregolare!).
Da qui in avanti, il bambino vola: lo sviluppo del suo linguaggio diventa incredibilmente rapido e, per noi, stupefacente!

Entrare in contatto

C’è però una condizione perché tutto questo avvenga, ed è… l’amore! E qui entriamo in gioco noi adulti (i genitori, certo, ma anche i nonni se si occupano dei nipoti, o le educatrici del nido, se lo frequentano). Infatti la presenza di un adulto capace di stimolare lo sviluppo del linguaggio dei bambini è assolutamente fondamentale. E non si tratta solo, come ci ripetono i pedagogisti, di non indulgere nella ripetizione dei loro adorabili “strafalcioni” (anche se qualche volta… come resistere?), ma anche, anzi soprattutto, di far sentire loro, in ogni parola, il nostro amore, la nostra empatia, il nostro interesse. Insomma, di entrare in contatto con loro. E letteralmente “in ogni parola”: infatti l’intonazione della voce dell’adulto di riferimento (mamma e papà, nonni, baby-sitter, educatori…) è fondamentale per lo sviluppo del linguaggio: parlare poco con il bambino oppure farlo in modo apatico (o, peggio, con tono aggressivo) può infatti rallentare lo sviluppo del suo linguaggio.

L’importanza dell’empatia

Non solo: i bambini che vivono in ambienti in cui lo sviluppo del loro linguaggio viene stimolato poco saranno poi quelli che saranno svantaggiati non solo nella comunicazione e nel mettersi in contatto con gli altri, ma anche nell’apprendimento. Insomma, se parliamo al bambino, anche neonato, con tono indifferente, pensando che tanto non possa ancora capirci, il bambino sarà a sua volta poco interessato a comunicare e questo si rifletterà sulla sua capacità di apprendere.
Quindi, nonni, ancora una volta la vera chiave è l’amore verso i bambini. E noi lo sappiamo bene!

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